Il susino, insieme agli agrumi – arance e mandarini in particolare – è una delle coltivazioni tradizionali della Conca d’oro insieme a gelsi, nespoli, fichi: un tempo nei giardini intorno a Palermo se ne contavano più di 10 varietà e un testo descrittivo del Seicento di Francisco Cupani (Hortus Catholicus, 1696) porta riferimenti precisi alla “bruna di cori janchi e niure”.
Fino a cinquanta, sessanta anni fa questa zona era un enorme frutteto interrotto da poche case di villeggiatura ma l’espansione edilizia di Palermo, dopo aver occupato la costa, ha invaso l’entroterra e ha cancellato buona parte degli agrumeti e dei frutteti cantati dai poeti del Grand Tour.
E insieme alle coltivazioni sono scomparse anche le susine “incartate” che riempivano in autunno le bancarelle dei mercati di Ballarò e della Vuccirìa. Con l’incartatura, praticata dopo la raccolta, le susine più tardive, le ariddu di core, si conservavano fino a Natale.
Le donne di casa confezionavano i frutti in lunghi salamini di carta velina, uno a uno, ben chiusi e legati con lo spago. Ogni salamino di carta conteneva una decina di susine. Le appendevano in un luogo fresco e i frutti si disidratavano e si raggrinzivano, conservando però intatti profumi e sapori per i pranzi delle feste.
Le susine bianche di Monreale sono piccole, a buccia giallo chiara e dolcissime.
Una varietà si chiama “Sanacore“, perché un’antica credenza le attribuiva anche valori curativi, l’altra si chiama “Ariddu di core” (ovvero: seme a cuore) per la forma caratteristica del seme che richiama il cuore.
La Sanacore si raccoglie a partire dalla prima decade di luglio fino alla metà di agosto, la Ariddu di core invece è tardiva e particolarmente zuccherina: i frutti, che piegano fino a terra i rami degli alberelli, si raccolgono dalla metà di agosto fino ai primi di settembre.
Entrambe sono delicatissime: durante la raccolta è necessario manipolarle il meno possibile per non intaccare la pruina, ovvero la patina bianca che le ricopre, e non si deve staccare il peduncolo.
Non è semplice: uno dei problemi degli agricoltori è trovare infatti braccianti esperti per la raccolta.
Le susine bianche sono state recuperate grazie a un lavoro di ricerca sul germoplasma autoctono siciliano curato dal Dipartimento di Colture Arboree dell’Università di Palermo, ma è la passione di alcuni frutticoltori più anziani che ha conservato nel tempo gli alberelli delle antiche varietà di susine, alcuni dei quali hanno ben più di una trentina d’anni. La maggior parte delle piante di ariddu di core è conservata invece in un unico fazzoletto di verde circondato da costruzioni e cemento nel comune di Monreale.