I prodotti di
Presidi Vesuvio
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L’area del Vesuvio è uno scrigno di biodiversità: il mare, la montagna, il vulcano, la varietà dei luoghi, gli splendidi scorci naturalistici, le tante specie di piante, animali, minerali, i tanti paesi ognuno con la propria storia e tradizione, rendono quest’area unica e affascinante.
Il Vesuvio è uno dei vulcani più studiati e conosciuti del mondo. Simbolo della città di Napoli e di tutto il territorio circostante con la sua sagoma inconfondibile, ha una tipica forma tronco-conica il cui punto più alto raggiunge i 1.277 m s.l.m.
Le prime presenze attestate dell’uomo nell’area vesuviana risalgono circa al terzo millennio a.C.: si tratta dunque di un territorio fortemente e lungamente antropizzato, sfruttato per la grande fertilità della sua terra e per le opportunità che questo offriva. I terreni lavici ricolonizzati e ristabiliti hanno costituito, e costituiscono tuttora, ottimi suoli per le coltivazioni, il pascolo e altre attività legate alla produzione agricola e forestale.
Slow Food Vesuvio nasce per salvaguardare e tutelare la biodiversità dell’area del Vesuvio e in particolare per tutelare la dignità dei sapori locali, delle tradizioni che permettono alla biodiversità vesuviana di continuare a esistere. In occasione di Terra Madre Salone del Gusto 2020 i produttori dei Presidi di quest’area si mettono insieme per proporre i loro prodotti e regalarvi profumi e sapori di questa terra.
Il Pisello Centogiorni è molto apprezzato per le sue proprietà organolettiche quali l’estrema dolcezza e la consistenza tenera della buccia, anche allo stadio secco. Il suo nome è legato alla durata media del ciclo produttivo. In cucina è un ottimo ingrediente nelle ricette di carne, ma soprattutto in accompagnamento al re della cucina napoletana: il baccalà. E ovviamente è fondamnetale nella minestra di pasta e piselli napoletana (i piselli sono fatti cuocere con cipolla e pancetta prima di aggiungere i classici tubetti o pasta mista).
Il Fagiolo dente di morto di Acerra ha la buccia sottile e cuoce rapidamente, caratteristiche dovute alla coltivazione su terreni di natura vulcanica ricchi di elementi nutritivi. Il nome è legato al colore bianco opaco, simile appunto al colore dei denti di un morto. Infatti in questa zona, già dall’epoca paleocristiana, vi erano numerosi luoghi di sepoltura, cosa che deve aver spinto la popolazione locale ad assegnare al fagiolo locale questo nome così caratteristico.
La Papaccella napoletana è un peperone, dalle bacche tondeggianti schiacciate ai poli con presenza di costolature longitudinali, a maturazione commerciale sono di colore giallo o rosso o verde. Il profumo è particolarmente intenso, con note fresche ed erbacee. La dolcezza della polpa è l’elemento peculiare che distingue la Papaccella da altre varietà, di aspetto simile ma dal gusto decisamente piccante.
Le Vecchie varietà di albicocche del Vesuvio sono estremamente dolci, di qualità organolettica superiore alle moderne varietà, ma più delicate e deperibili, perciò di difficile gestione nei mercati ortofrutticoli moderni. Hanno nomi curiosi come: boccuccia, pellecchiella, vitillo, cafona, vicienzo e’ maria. Sono la testimonianza di un’intensa attività di selezione varietale svolta nei secoli dai contadini vesuviani per ottenere il meglio da una delle risorse più redditizie di questa terra.
La papaccella è un peperone dolcissimo di calibro piccolo, tondo e costoluto, di uno sgargiante colore giallo, oppure rosso o verde, dalla buccia molto spessa. I giovani consumatori la confondono con i peperoni qualunque, ma gli anziani la ricordano bene e al mercato, quando riescono a trovarla, non se la lasciano sfuggire. Ottima per la conservazione sottaceto oppure in agrodolce, era tipica dei dintorni di Brusciano. La Regione Campania ha recuperato il germoplasma e in un campo sperimentale riproduce ogni anno i semi originari che sono poi coltivati dai produttori del Presidio.
Area di produzione: agro acerrano-nolano (provincia di Napoli)
Stagionalità: il periodo di raccolta della papaccella va da luglio fino alla fine di ottobre
Coltivato nell'area del Vesuvio da almeno un secolo, il pisello centogiorni deve il suo nome alla durata del ciclo produttivo. Si coltiva in campo aperto, spesso in consociazione con colture arboree e non deve essere irrigato. Le piante sono rampicanti hanno bisogno del supporto di un sistema di pali in legno e fili intrecciati oppure di reti. Apprezzato per le sue proprietà organolettiche quali l’estrema dolcezza e la consistenza tenera della buccia, anche allo stadio secco, si abbina molto bene ai piatti di carne ma grazie ad alcuni agricoltori che hanno tramandato la semente di generazione in generazione. Il Presidio è nato per salvare questa varietà e valorizzare il lavoro dei contadini vesuviani.
Area di produzione
Comuni dell'area vesuviana: Somma Vesuviana, Sant’Anastasia, Massa di Somma, Pollena Trocchia, Cercola, Napoli-quartiere Ponticelli, San Sebastiano al Vesuvio, San Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata, Trecase, Boscotrecase, Boscoreale, Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Ottaviano, Pomigliano, Poggiomarino, Pompei (provincia di Napoli).
La coltivazione di questo cannellino nelle campagne acerrane è citata in un’edizione storica della guida Touring Club del 1938, fonte di molti dati su un’agricoltura italiana purtroppo oggi perduta. Si tratta di un ecotipo locale che ha trovato in questi terreni, di natura vulcanica e ricchi di elementi nutritivi, l’areale di coltivazione ideale. Si distingue per buccia sottile, eccellente pastosità e sapore intenso. Nella tradizione gastronomica napoletana, esso si presta particolarmente a pietanze quali la pasta con fagioli e le zuppe. Negli ultimi decenni questa coltivazione si era drasticamente ridotta, praticata solo per autoconsumo. Il Presidio vuole valorizzare un piccolo gruppo di orticoltori locali che ha deciso di piantare nuovamente il dente di morto.
Area di produzione: comuni di Acerra, Brusciano, Mariglianella, Marigliano, Castello di Cisterna e Pomigliano d’Arco ( provincia di Napoli), oltre all’intero territorio dei comuni di Maddaloni e San Felice a Cancello (provincia di Caserta)
Stagionalità: si può seminare a primavera, in aprile, o tardivo, in luglio. La raccolta avviene rispettivamente a luglio e in autunno (settembre-ottobre)
Hanno nomi curiosi come: boccuccia, pellecchiella, vitillo, cafona, vicienzo e' maria. Sono la testimonianza di un’intensa attività di selezione svolta nei secoli dai contadini vesuviani. Delle circa cento cultivar riportate in letteratura ne sono state rintracciate una settantina, ma la maggior parte è sopravvissuta in campi di collezione. Una quindicina di cultivar di albicocco invece è ancora presente in campo, in un’area del Vesuvio che va dai 50 ai 150 metri di altitudine, in aziende di piccole dimensioni. I terreni sono vulcanici e sabbiosi, le piante di albicocco sono coltivate in consociazione ad altre piante da frutto e ortaggi, non si pratica il diserbo con sostanze chimiche e si concima con prodotti organici. A partire dal 1970, l’urbanizzazione nell’area vesuviana ha ridimensionato le attività agricole e ha confinato la coltivazione dell’albicocco in frutteti minuscoli, spesso tra gli edifici. Il Presidio Slow Food vuole rilanciare questa realtà individuando le cultivar più interessanti tra quelle rimaste in coltivazione e migliorando i sistemi di raccolta e commercializzazione.
Area di produzione
Comuni dell’area vesuviana, provincia di Napoli
Ultima modifica: 25 Mag 2022
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