Le campagne di Paceco, nel trapanese, già a partire dal mese di giugno si colmano di meloni gialli.
Precoci e molto produttivi, contendono a inizio stagione il mercato ai meloni mantovani e a quelli della piana di Sibari ma, a fine luglio, il prezzo crolla a causa dell’eccesso di offerta. A quel punto non conviene più raccoglierli e vengono lasciati in campo a nutrire greggi di pecore e capre. Uno spettacolo frequente ad agosto in queste zone, da alcuni anni in qua.
Questi ibridi gialli che hanno sostituito gli autoctoni, sono arrivati agli inizi degli anni Novanta: il primo è stato il Madras, tuttora coltivato insieme al Campero e all’Helios, che va per la maggiore. La loro coltivazione ha con il tempo scalzato varietà autoctone come il vecchio Cartucciaru di Paceco – un antico melone dalla forma allungata, con l’estremità un poco ricurva, buccia liscia e gialla, polpa bianca e succosa. Sparito dai campi, eppure eccellente.
Le ragioni dell’abbandono sono dovute al fatto che ci mette un mese in più dell’Helios a maturare: 70-80 giorni contro i 100 giorni delle varietà tradizionali. Inoltre le varietà tradizionali sono meno produttive, in compenso però non richiedono irrigazione o concimazioni. Non sono spinte con concimi azotati perché crescano in breve come gli ibridi.
Il Cartucciaru si semina ad aprile – in serra, perché all’aperto le api impollinerebbero, e si raccoglie a partire da giugno fino ad agosto.
Appartiene, come il Purceddu d’Alcamo (che è però è verde), il Tondo giallo di Fulgatore e il Bianco tondo, ai cosiddetti “meloni d’inverno” che, appesi in luoghi ventilati e freschi, diventano più dolci con il passare del tempo e si conservano ancora un paio di mesi, alcuni fino a Natale.
Sono tutti ottimi frutti da tavola, ma si utilizzano anche per le granite e per il gelato.